[in TESSENDO IL FUTURO. Nuove relazioni per la città di Vittorio Veneto
a cura di Sergio Maset, PostEditori, Padova, 2018]
Le pagine che seguono traggono lo spunto da uno studio sulle caratteristiche socio-economiche della città di Vittorio Veneto, commissionato dall’amministrazione comunale della città. Lo studio ha fatto emergere una sorta di distonia tra il presente produttivo, caratterizzato da numerose realtà industriali attive e dinamiche e la narrazione che la città rende di sé, talvolta più orientata alla rievocazione nostalgica che al presente. Tuttavia, anche la comprensione del presente non basta per volgersi al futuro. Per ragionare di futuro bisogna condividere interrogativi e confrontarsi su prospettive, interessi e desideri. A costo di suonare retorico, è sempre la politica a dover tessere il futuro. Avere la possibilità di una committenza che stimola e pone domande di prospettiva è una fortuna non comune di questi tempi. Un riconoscimento va dunque alla volontà dell’amministrazione di Vittorio Veneto per aver portato avanti questo lavoro, agli uffici comunali che hanno collaborato alla sua realizzazione e a quanti con le loro riflessioni hanno arricchito i contenuti e le prospettive del volume.
Alla base del dialogo vi è il lavoro di analisi socioeconomica della città e del suo territorio, le cui principali risultanze sono riportate nel Capitolo 1. Tale analisi restituisce per Vittorio Veneto un quadro robusto nel quale delineare un percorso di crescita. L’aggettivo “robusto” viene qui utilizzato in una duplice accezione: innanzitutto robusto significa basato su dati, evidenze empiriche, tendenze reali; e questi dati – ecco qui la seconda accezione di robustezza – restituiscono un territorio caratterizzato da tutta una serie di asset strategici che possono essere fatti agire per sostenere la crescita.
In che senso, e per quale obiettivo, si ragiona di utilizzo degli asset strategici? Su questa domanda si innesta la riflessione politica in senso stretto: quali siano le condizioni per una crescita della città. Ovvero, quali siano le modalità e le logiche secondo cui una città definisce le condizioni della sua sopravvivenza e della sua crescita, in quanto organizzazione finalizzata al miglioramento della vita dei cittadini. Per ogni città, infatti, la crescita si sostanzia nel creare ai propri cittadini le condizioni per la loro sostenibilità nel tempo. Questo approccio richiede evidentemente una prospettiva temporale di medio periodo: ciò vale a dire, non solo porsi l’obiettivo di risolvere i problemi contingenti ma creare oggi le condizioni perché nel domani vi sia sostenibilità. La sostenibilità non significa invarianza: al contrario, significa evoluzione guidata dalla volontà di continuare ad “essere città”. Proviamo dunque a capire cosa intendere per crescita.
Crescere, per una città, significa prima di tutto crescere sul versante demografico. La crescita demografica è l’espressione della capacità di trasmettere prospettiva, desiderabilità, valore. Esiste, da questo punto di vista, un elemento significativo che caratterizza la città e che è ciò che determina la distinzione tra luoghi e non luoghi: la caratteristica dei luoghi, principalmente, è la non fugacità. Io divento cittadino di un luogo nel momento in cui lo vivo non transitoriamente. Essere città non è nemmeno un fatto quantitativo. Da questo punto di vista la consistenza numerica non è la caratteristica che distingue la città come luogo rispetto ai non luoghi. L’aeroporto di Venezia vede passare milioni di passeggeri ogni anno, ma non è certo una città. In questo senso la componente demografica, la cittadinanza, rileva per i luoghi in maniera completamente diversa dai transitanti – persone che fruiscono del luogo solo per un passaggio – come anche dagli utilizzatori – persone che fruiscono del luogo per lo svolgimento di una specifica funzione -, che possono essere in numero anche enormemente maggiore ma non sostanziano per sé una comunione di interessi.
Quindi la crescita significa prima di tutto crescere da un punto di vista demografico, e in particolare nelle componenti in età fertile, ovverosia le giovani famiglie. Quando un cittadino sceglie di risiedere, pur avendo ovviamente la possibilità di cambiare, compie la scelta riconoscendo una prospettiva di non transitorietà ovvero di potenziale stabilità nel tempo. L’orientamento alla sostenibilità di una città come Vittorio Veneto si misura dunque nella capacità di attrarre la componente giovane della popolazione: in questo senso, la capacità di una comunità e della sua amministrazione di fornire elementi atti a favorire il processo di autonomizzazione dai nuclei familiari di origine diviene anche, di riflesso, capacità di attrarre giovani famiglie, di incrementare la natalità, di ri-densificare la residenzialità nel centro urbano. Il tema dell’autonomia dei giovani si conferma strettamente e prioritariamente collegato alla costruzione del proprio percorso professionale lavorativo. Un primo passo necessario per l’autonomia consiste, quindi, in un’offerta lavorativa “di qualità” (ovvero, con caratteristiche di stabilità, valorizzazione del contributo individuale, possibilità di crescita) tale da stimolare la popolazione giovane a sviluppare nell’area vittoriese il proprio percorso di vita. E per questo, oltre alla presenza di un sistema di istruzione e formazione efficiente, occorre anche capacità di tessere relazioni, di ri-vivificare un tessuto di associazionismo, partecipazione che per i giovani diviene spazio di crescita e insieme arena di opportunità professionali.
Il definirsi cittadino di un luogo ha un significato che si intreccia strettamente con la dimensione territoriale nell’elaborazione politica. Quest’ultima tende generalmente ad articolarsi per ambiti tematici (industria, formazione, sanità ecc.) ed a svilupparsi verticalmente, spostando essenzialmente il livello del dibattito alla scala nazionale se non europea, secondo una logica per cui si discute dove si prendono le decisioni e dove vi sono le risorse economiche per alimentare le necessarie competenze. Tuttavia il prevalere della logica di pertinenza e competenza apre un dilemma: sulla base di quale principio si possono creare e garantire le risorse all’attività di elaborazione politica locale? Che questa abbia un suo senso pare evidente, perché se non qui e ora, allora quando e dove devono essere elaborate le scelte che riguardano il cittadino di Vittorio Veneto? Non si tratta evidentemente di un rigurgito neo-municipalista quanto di avere consapevolezza che la partecipazione politica richiede di mantenere animata la sua componente locale. Muoversi esclusivamente secondo il principio di pertinenza amplifica infatti a dismisura la distanza tra lo spazio della vita e quello dell’elaborazione e porta a circoscrivere la pratica di elaborazione politica entro circuiti limitati, indebolendo progressivamente la capacità di un territorio di generare innovazione di pensiero e agire un’efficace azione di rappresentanza.
Ne discende che il dilemma con cui dobbiamo fare i conti sta nella possibilità di trovare un equilibrio tra l’applicazione di princìpi di competenza e di pertinenza (che tendono a seguire logiche verticali), e la necessità di agire luoghi e momenti di elaborazione politica locale evitando di creare delle burocrazie aggiuntive. E tutto ciò riporta al tema di questo lavoro. Nel dialogo sulla città si affrontano i temi del rapporto tra industria e formazione, delle soluzioni per un invecchiamento attivo della popolazione, di istruzione, di infrastrutture: tutti temi che hanno una competenza finanche europea. Qui la domanda è: possiamo, per questo, permetterci che di questi temi se ne discuta solo a Bruxelles, o solo a Roma, o solo a Venezia? Certamente no: il tessuto locale per poter esprimere un’efficace rappresentanza deve riuscire a declinare in una prospettiva generale gli interessi specifici che emergono nel suo proprio ambito: che si tratti di elettrificazione della linea ferroviaria, di collegamento tra autostrada e zona industriale o di finanziamento agli istituti superiori.
Proviamo dunque a delineare i temi per una possibile agenda. Se la crescita significa innanzitutto crescita demografica nelle componenti in età fertile, ovvero giovani e famiglie, è necessario provare a interrogarsi su quali sono i fattori che rendono una città attraente. Le città hanno sempre una funzionalità frammentata, inclusiva, necessariamente conciliativa, democratica e plurale. Non può esserci un’àncora prevalente ed esclusiva che trattiene i cittadini e ne spiega la crescita. Le città con ancore funzionali prevalenti, finiscono per essere esse stesse per lungo tempo non luoghi, inserite in altre soggettività urbane: ne sono esempio Sesto San Giovanni rispetto a Milano e alla Breda, Marghera rispetto a Venezia e al Petrolchimico e, per certi versi, anche Pordenone rispetto all’Electrolux. Ma non è certamente il caso di Vittorio Veneto. Com’è allora la città che attrae? Anche se ognuno di noi può essere attratto per varie ragioni, le analisi di geografia economica e di sociologia del territorio ci dicono due cose. In prima istanza, sarà la prospettiva di occupazione a guidare l’individuazione di un’area potenziale in cui risiedere: ma sarà poi la valutazione dell’attrattività sociale di un determinato luogo a determinare la scelta di effettiva localizzazione. In altri termini: posso decidere di vivere in una certa zona del Veneto, e in un certo ambito della provincia, ma poi il fatto di scegliere un Comune piuttosto che un altro dipende dall’offerta effettiva, immobiliare, di servizi, di qualità del vivere. [1]
Va detto, e questo è un dato recentissimo, che a fronte di una tendenza che dagli anni Settanta ai primi anni Duemila ha visto una forte propensione a uscire dalle grandi città, ora la città torna ad attrarre. La crisi delle grandi città ha raggiunto il suo apice negli anni Novanta, per poi arrestarsi. In Italia la prima città a vedere l’inversione è Milano, ma si tratta di una dinamica che sta iniziando a interessare tutte le grandi città del Nord Italia. Cosa c’è dietro questa tendenza? In controluce si intravvedono varie componenti: una nuova declinazione del moto futurista verso la modernità, reinterpretato però intorno ai concetti di sostenibilità, di attenzione per il benessere fisico e culturale. Cosa sta succedendo? Succede che la città ha smesso di essere luogo grigio e anzi, diventa il laboratorio di un migliore equilibrio, di un uso più efficiente delle risorse, di una maggiore attenzione alla propria salute, alla cura del corpo, alla ricerca del bello e dell’arte. La città non è più emblema del grigio. Al contrario, è emblema del green, e della sostenibilità. È il cantiere in cui si elaborano forme di conciliazione tra ambiente, esigenze delle persone ed economia. Ed è interessante vedere che la fuga dalle città si è arrestata. Forse questi sono i primi segni dell’emergere di un nuovo ceto medio, i cui esiti si vedranno forse di qui a dieci anni. Una nuova classe che inizia a sostanziarsi ricercando intanto la residenza nella città, su una nuova base, forse più democratica, certamente più accessibile.
È indubbio che la fuga dalle città è stata in passato anche una fuga per la ricerca di una migliore qualità della vita. Vivere bene nelle città degli anni Ottanta richiedeva di essere benestanti. A parità di risorse nominali, il progressivo indebolimento economico del ceto medio ha spinto le giovani coppie a spostarsi nelle periferie e da qui nelle prime, seconde e finanche terze cinture delle città. Adesso sembrano gettarsi i semi per una nuova fase rigenerativa delle città. Si tratta di prendere atto della fine del processo di gentrification dei centri, cioè quello per cui le aree centrali delle città hanno assunto un mono profilo funzionale – solo servizi finanziari, banche, assicurazioni e boutique – e sociale, solo famiglie ad alto reddito, escludendo il ceto medio e certamente le giovani famiglie. Emergono ora nella città spazi per forme e luoghi di consumo e produzione nuovi, e per ripensare ad una residenzialità più accessibile.
Anche Vittorio Veneto potrebbe trarre vantaggio da questa prospettiva: pur non rientrando nell’ambito delle grandi città, ha avuto una dinamica molto simile ad esse: ha vissuto storicamente grandi industre al suo interno; le sue fasi di de-urbanizzazione hanno seguito i tempi delle grandi città. E come altre condivide un presente industriale molto più moderno, avanzato e internazionalizzato di quanto si tende a raccontare. Da qui dunque la sfida di raccogliere e sviluppare il senso contemporaneo dell’essere città: un luogo di restituzione, di incontro e di elaborazione.
La struttura del volume è espressione di un lavoro a più mani. Si parte dall’esposizione dell’analisi economica e sociale; segue una riflessione, curata da Giovanni Napol sulla relazione tra le componenti produttive della città e sull’interazione di questo presente industriale con il terziario professionale e di alto profilo tecnico. Segue la testimonianza di Chiara Mazzer, che vive la realtà vittoriese da imprenditrice, volta a ridare linfa alla relazione tra città e siti produttivi, non in quanto semplicemente coesistenti su uno stesso territorio, ma in quanto portatori di istanze e suggestioni per le quali è vitale trovare una conciliazione. Un altro grande tema di riflessione, sviluppato con il contributo dei presidi di tre istituti scolastici superiori, è quello del rapporto con l’istruzione e la formazione tecnica e scientifica. La questione è vista come rapporto tra tre sfere: la scuola, le famiglie (e questo significa i cittadini, che diventano anche stakeholder rispetto al sistema industriale e produttivo), e il mondo imprenditoriale. Un tema complesso, talvolta banalizzato nella retorica attuale. Il mantenimento di una adeguata vita della città e nella città, mentre l’invecchiamento della popolazione pone sotto i riflettori la necessità di ripensare ai servizi socio-sanitari, è al centro della riflessione proposta da Maurizio Castro. Il compito di leggere tra le righe degli approfondimenti e del dibattito gli stimoli concreti con cui sviluppare un’agenda programmatica della città di Vittorio Veneto è affidato nel capitolo finale a Roberto Tonon.
[1] Feltrin P., Maset S. (2012), Le onde lunghe dello sviluppo territoriale del Nord, in Perulli P. (a cura di), Nord. Una città-regione globale, Il Mulino, Bologna.
Feltrin P., Maset S., M.Zanta, (2014), La sfida della modernità negli ambienti alpini, Il Poligrafo, Padova.
Maset S., (2015) Le densità inattese. Piattaforme produttive implicite nella provincia di Treviso, Quaderni dell’Osservatorio, Osservatorio Economico e Sociale di Treviso, Treviso